Per capire il mistero di questo luogo basta alzare lo sguardo verso ciò che resta del castello dei Pentefur, i mitici fondatori di Savoca, una comunità forse d’origine fenicia che si stanziò, in epoca imprecisata, sul colle che ancora ne porta il nome. S’intuisce che le pietre millenarie, i conventi, le piante, il vento, il mutevole paesaggio, persino il silenzio e i morti imbalsamati nelle catacombe, hanno una voce: raccontano storie affascinanti che emergono dal polveroso passato. Come quella dell’origine normanno-saracena del borgo, che non prenderebbe nome dalla pianta di sambuco – come credono i più – ma dall’arabo sabak, che significa unire, perché i saraceni avrebbero riunito in un unico mandamento i castelli della zona.
Comunque sia, aveva ragione Leonardo Sciascia a dar credito al detto popolare secondo cui Savoca ha sette facce: Supra na rocca Sauca sta, setti facci sempri fa. Infatti, da qualsiasi parte si guardi, l’orizzonte offre scenari sempre nuovi: dall’azzurro del mar Ionio all’aspra costa calabra, dai verdi monti Peloritani all’Etna maestoso, dalle cisterne scavate nella roccia alle case separate da strapiombi dove attecchiscono il cappero e la ginestra. Sette panorami, potremmo dire, tutti diversi. Oggi il borgo ci accoglie con le strade lastricate con blocchi di basalto di pietra lavica, le case restaurate con i tetti di coppi siciliani, i portali e le finestre in pietra locale, gli eleganti prospetti che propongono i colori dell’antica Savoca, rendendo attuale l’elogio di uno storico del Settecento, Vito Amico:
“Savoca è un Paese, oggi celebre, ma di recente nome, poiché la prima menzione di esso non occorre avanti il 1413, sebbene attesta il Pirri essersi formato sotto Ruggiero da vari casali. Siede in un colle bivertice, sopra l'estremo lido dello stretto di Messina, all' Argenno, volgarmente promontorio di s. Alessio , e riguarda libeccio. La fortezza, appellata nel tempo del re Ruggiero Pentafar, siccome attestano, con più di magnificenza ristorata da Leonzio II Archimandrita nel 1480, a spese finalmente di Diego Requesens rifatta in maggior circuito e più magnifica forma, occupa la cresta aquilonare. La chiesa maggiore parrocchiale, in cui é la cattedra dell'Archimandrita, sacra del nome alla Beata Vergine in cielo assunta, viene amministrala dall'Arciprete, cui van soggette sopra le altre le chiese di S. Niccolò vescovo, e di S. Michele Arcangelo, dove 12 preti apprestano opera all'amministrazione de' sacramenti. La chiesa di S. Lucia V. e M. patrona degli abitatori è degna di attenzione. Il convento dei pp. domenicani, in un terreno piano, riconosce origine sin dal 1444, sotto Luca de Bufalis Archimandrita. I minori conventuali al di fuori in prima si stabilirono, per opera di s. Antonio di Padova, nella chiesa di S. M. della Misericordia, siccome attestano; indi stettero dentro le mura in angusto luogo sotto là rocca col titolo di S. Francesco, e finalmente conseguirono più frequente sito nel 1619. Un ampio ed ameno luogo, non lungi dal paese, e nelle estreme sue parti verso austro, accoglie i cappuccini, introdotti sin dal 1574. Presentano leggiadria gli edifizii dei cittadini, ma ineguali sono le vie giusta l'indole del declive terreno”...
Se osserviamo la conformazione urbanistica, vediamo che le abitazioni sono raramente contigue, ma più spesso separate da strapiombi, spezzate dalla roccia, dove cresce spontanea la pianta del sambuco, a ricordarci il nome del paese. Ruderi, vicoli e cisterne scavate nella roccia conferiscono al luogo un fascino particolare, tanto più che è dominato dal castello Pentefur, forse costruito dagli arabi e poi ampliato dai normanni, ma che porta anche l’eco dei misteriosi fondatori aborigeni.Nel medioevo Savoca era una città murata chiusa da due porte, una delle quali esistente.
Dalla trecentesca porta della città, costituita da un arco a sesto acuto in pietra locale, si accede al centro storico, dove subito s’incontrano l’antico Municipio e il palazzo Archimandritale, di cui rimangono poche vestigia. Qui vicino si trovava la sinagoga ebraica, documentata fino al 1470.La chiesa di San Michele, di epoca anteriore al 1250, era anche il luogo di culto del castello, caro agli Archimandriti. Sul prospetto spiccano due bellissimi portali in stile gotico-siculo con archi in pietra arenaria: l’interno, a navata unica, parzialmente rifatto in stile barocco, contiene diverse opere d’arte, tombe gentilizie e affreschi. Il non credente che si convertiva al cristianesimo, secondo una documentata tradizione, doveva scalare a “ginocchioni”, in atto di penitenza, i suoi sette gradini, per poi ricevere il battesimo.
La chiesa di San Nicolò, impropriamente detta di Santa Lucia poiché custodisce la statua della patrona di Savoca, risale all’inizio del XIII secolo e apparteneva anch’essa all’Archimandrita. Costruita su un massiccio spuntone di roccia,sembra protesa sul vuoto.Un tempo vi officiavano i cappellani greci, oggi si presenta a tre navate e con un vago aspetto di fortezza dominante la valle sottostante. È stata uno dei famosi set del Padrino insieme al Bar Vitelli, ospitato a palazzo Trimarchi, edificio di architettura settecentesca.
Ma il più importante monumento di Savoca è la chiesa Madre del XII secolo, alla cui giurisdizione erano soggette tutte le altre chiese, urbane e rurali, del territorio. È a tre navate con capitelli in stile romanico.La costruzione originaria ci porta al periodo normanno. Nei suoi sotterranei si mummificavano i cadaveri e ancora oggi esistono i locali in cui si praticava l’empirico procedimento. Qui c’era la cattedra dell’Archimandrita: sul soglio ligneo, che si conserva ancora, è effigiato lo stemma archimandritale. Recentemente sono affiorati affreschi murali tardo-medievali riconducibili all’iconografia bizantina: un dipinto raffigura San Giovanni Crisostomo, il padre della chiesa cristiana d’Oriente.
Accanto alla chiesa Madre si nota una costruzione tardo medievale con finestra a bifora cinquecentesca. Immancabile la visita alle catacombe, dove fino al 1876 si mummificavano i cadaveri secondo l’uso egizio. I resti mortali dei notabili locali, dei patrizi e degli abati, vestiti con abiti del primo Ottocento, sono visibili nelle nicchie della cripta del convento dei Cappuccini, fondato nel 1574. Da visitare infine il monte Calvario, antico eremo che nel 1736 i gesuiti trasformarono in chiesa. Qui si trova il percorso della via Crucis, le cui stazioni sono parzialmente scavate nella roccia.
Il luogo si fa apprezzare per gli itinerari naturalistici. Il primo arriva sin dentro la pineta comunale, con un percorso di trekking che parte dalla marina e costeggia, tra il canto degli uccelli e lo scorrere dei ruscelli, la sede comprensoriale del Corpo forestale della Regione, ricca di specie vegetali autoctone (nel sottobosco fioriscono i gigli). Il percorso del mito, invece, è collegato al Museo Comunale e si snoda, a partire dal Pizzo di Cucco, tra viottoli, antiche trazzere e colline dove abbondano i segni della civiltà contadina: casolari di pietra, aie, palmenti, recinti e pagliai dei pastori. Il percorso storico, consiste nelle visite guidate ai monumenti, alle chiese e ai musei del centro storico, tenendo sotto osservazione le “sette facce di Savoca”, i sette diversi punti panoramici del borgo medievale. Esiste infine il percorso ciclabile che dalla spiaggia ionica conduce alla chiesa normanna dei Santi Pietro e Paolo di Agrò, uno dei gioielli architettonici della Sicilia. Le tagliatelle di pasta fresca fatte a mano, condite con finocchietto selvatico e ragù di maiale, sono la prima delizia che offre Savoca.
In alternativa, i maccarruna (maccheroni di pasta fresca con le cotiche di maiale, solo in estate sostituite dalle melanzane) e, tra i secondi, la tagghiata, una grigliata di carni suine e ovine di produzione locale, “tagliate” con maestria dai macellai della Valle d’Agrò. Solo qui, la famosa granita siciliana al limone è servita con la zuccarata, il biscotto locale. Savoca, poi, fa uno speciale pane cunzatu (condito con olio di oliva, peperoncino e origano) e a cuzzola, pasta fresca a lievitazione naturale, fritta in olio di oliva e arrostita sul carbone. Passando all’arte pasticcera, come non ricordare la torta al limone, le paste secche alla mandorla e i cannulicchi in cialda croccante farciti con cioccolata, crema pasticcera e al limone.
Da visitare:
Museo Comunale, via San Michele, tel. 0942 761006: dedicato alla civiltà contadina, ha di particolare i proverbi e le poesie poste accanto agli oggetti e agli attrezzi.
Museo di Arte Sacra, via chiesa Madre, tel. 0942 761125: oggetti e arredi sacri.
Museo dell’Emigrazione, via dei Cappuccini, tel. 0942 761007: mostra fotografica sull’emigrazione nel comprensorio ionico.
info turismo:
Ufficio Turistico, piazza G. D’Annunzio – tel. 0942 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Fonti consultate:
www.comune.savoca.me.it
www.borghipiubelliditalia.it/project/savoca/
Dizionario Topografico Siciliano, di Vito Amico – Vol. II, ed. 1859
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