di Franz Riccobono
Ad oltre quarant’anni dalla scoperta, dopo l’inspiegabile perdurare di un mortificante uso che l’aveva esclusa dalla fruizione, l’importante monumento di Largo Avignone torna a rivedere la luce. Scoperta nel 1971 grazie alla straordinaria opera di controllo sui cantieri cittadini messa in atto dai giovani ricercatori del gruppo archeologico “Codreanu”, la Tomba a camera del IV secolo a.C. venne conservata e resa fruibile a seguito di una modifica dell’originale progetto della scalinata che da Via Cesare Battisti da accesso alla Via degli Orti della Maddalena. In realtà quella conservata sotto la scalinata è un breve tratto della più vasta necropoli detta “degli Orti della Maddalena” che sostanzialmente occupa l’intera valle del torrente Zaera, a partire dal viadotto ferroviario di Camaro.Proprio durante i lavori di costruzione di quest’opera, a fine ottocento, vennero ritrovati numerosi reperti tra cui varie tombe realizzate con grandi lastre di tracheite, oggi depositate al museo regionale.
Oltre la grande Tomba a camera con tre letti di giacitura per i defunti, sotto la scalinata si conservano altre testimonianze tra cui una monumentale Tomba ad “Epytimbion” cioè a pianta quadrata a gradoni, del tipo di quelle diffusamente trovate nella necropoli di Contrada Cardusa, presso Tripi. Durante lo scavo di quarantacinque anni fa furono ritrovati vari altri tipi di sepoltura anche ad incenerizione, quindi un’articolata campionatura di architettura funeraria databile tra età classica ed ellenistica.
Dopo il ritrovamento, per qualche anno il sito era visitabile ma, passato il clamore della scoperta, l’accesso alla tomba non fu più possibile e si pensò “male” di adibire quello spazio a deposito, prima di suppellettili di scavo (badili, carriole, secchi, scope) quindi in deposito di materiali provenienti da altri scavi in città. Il risultato di tale improvvida scelta fu che gli ambienti della Tomba a camera furono colmati del tutto ed ancor peggio sepolti da centinaia di cassette di legno contenenti vari reperti che occupavano l’intero spazio. Malgrado le reiterate proposte da parte dell’Associazione Amici del Museo che sollecitava la restituzione di dignità a quel luogo, con diverse motivazioni tutti funzionari della Sezione archeologica della Sovrintendenza degli ultimi decenni non vollero o non seppero trovare una soluzione.
La fortunata convergenza tra Comune, nella persona dell’Assessore alla Cultura Daniela Ursino, il dirigente dell’Ufficio Tecnico Gemelli, su iniziativa del Presidente della Commissione Cultura Piero Adamo, Sovrintendenza Sezione archeologica, Gabriella Tigano e dei suoi collaboratori, grazie al poderoso contributo di varie associazioni di volontariato (Vento dello Stretto, Atreu, Lions Club, Cavalieri della Stella, Associazione Amici del Museo) è stato finalmente possibile liberare lo scavo di Largo Avignone dai tanti materiali (circa mille cassette) e tanta spazzatura accumulata nel corso di quattro decenni di incredibile, oltraggioso abbandono. L’inconsueta sinergia tra pubblico e privati dimostra tangibilmente che i buoni risultati si possono raggiungere grazie all’intesa e all’operosità tra funzionari pubblici e semplici cittadini, uniti nelle intenzioni, mossi da concreto amore per la nostra storia, la nostra millenaria, comune cultura.