Corre l’anno 1608 e, a bordo di una piccola imbarcazione, nottetempo, un uomo approda a Siracusa. Quell’uomo, fuggito da Malta, è Michelangelo Merisi da Caravaggio, personaggio già noto e ammirato per i tanti capolavori romani. Dopo la fuga precipitosa da Roma per la condanna alla pena capitale per l’omicidio del giovane Ranuccio Tomassoni nel 1606, a Malta Caravaggio sembra in procinto di recuperare una vita da uomo libero grazie al titolo di membro dell’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani ricevuto per i grandi meriti artistici. Ma è solo un’illusione, cui segue l’arresto per la rissa scoppiata a casa del cavaliere Fra Prospero Coppini il 18 agosto del 1608, e la fuga da Malta che aggiunge sul suo capo anche la dannazione dell’Ordine, che lo espelle definendolo “membrum fetidum et putridum”. Questo ennesimo episodio di violenza aggrava la sua già critica posizione di latitante e riduce a lumicino le speranze di ottenere una grazia dal Papa Paolo V. Con questi gravi sentimenti di sconforto l’artista sbarca a Siracusa dal vecchio amico Mario Minniti ed ottiene la committenza di un quadro su Santa Lucia. Caravaggio visita le latomie, percorre le catacombe delle prime comunità cristiane ed elabora la sua personale idea del martirio con un quadro di grande realismo che dipinge a metà: la scena del seppellimento in basso e, in alto, un vuoto smisurato, una catacomba o una latomia, una vastità desolata che aggiunge cupa tragicità alla scena e racconta tutta la disperazione che lo attanaglia. Come già ne La Decollazione di San Giovanni Battista, Caravaggio inserisce il tema della decapitazione da cui è ossessionato: la martire è deposta sulla nuda terra, a breve sarà seppellita, lo si intuisce dai due uomini forzuti che scavano con vigore quell’umile fossa in cui sarà deposta. Il seppellimento avviene davanti ad una folla attonita, testimone e partecipe addolorata delle esequie della martire, che riporta sul collo un taglio netto, segno del colpo finale infertole alla fine del martirio, quando muore sgozzata. Ecco la paura della pena capitale, che tornerà anche nelle ultime opere con l’autoritratto inserito nel Davide con la testa di Golia. Nel novembre del 1608 Caravaggio si reca a Messina dove, anche se pende su di lui la privatio habitus dell’Ordine, ottiene la commissione di due Pale d’altare, una dal Senato e, l’altra, da un ricco mercante genovese, Giovan Battista dè Lazzari, per la chiesa dei Padri Crociferi. L’atto di committenza della Pala per i Padri Crociferi non include il nome del pittore che stabilisce un soggetto vago di Madonna con Santi, ma alla consegna del lavoro i padri Crociferi si ritrovano una Resurrezione di Lazzaro. Come dichiarato da fonti autorevoli, non è l’assonanza con il cognome de Lazzari a suggerire al Caravaggio il nuovo soggetto da rappresentare, a far cambiare idea al pittore è qualcosa di realmente accaduto, un fatto di cronaca che ispira la sua pittura. Nel 1588 durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di San Giovanni di Malta viene rinvenuta una necropoli romana in cui si crede di riconoscere il corpo di San Placido. I ritrovamenti continuano nel 1608, quando Caravaggio è a Messina e si pensa si tratti dei compagni di San Placido uccisi con lui nel 541. Quelli che in epoca romana erano unguentari messi a corredo funebre delle tombe, vengono considerati ampolle con il sangue dei martiri e ciò fa credere che si tratti delle ossa di San Placido e dei suoi fratelli. I padri Crociferi, in qualità di ministri degli infermi, assistevano i moribondi e dunque è verosimile credere che abbiano informato Caravaggio degli eventi miracolosi e, in particolare, della guarigione di un ragazzo, tale Placido Cardia, affetto da malattia polmonare. Dunque, Caravaggio ne La Resurrezione di Lazzaro potrebbe aver voluto raffigurare quel ragazzo tornato alla vita e quei frammenti di ossa ai suoi piedi potrebbero alludere ai ritrovamenti di teschi, mandibole e ossa rotte proprio nella chiesa di San Giovanni di Malta, nei luoghi in cui si trovavano il monastero benedettino e la chiesa di San Giovanni fondati da Placido nel VI secolo. Caravaggio ha immaginato la scena nella catacomba dove era stato seppellito Lazzaro con i personaggi allineati come nel bassorilievo di un sarcofago, ulteriore possibile allusione alla morte e alla sepoltura.Alcuni, affascinati dal miracolo, come il necroforo destinato a sorreggere Lazzaro, simile nella funzione di asse centrale della tela a quello dipinto dal giovane Vasari nel suo Cristo portato al sepolcro, con il braccio destro nella medesima posizione assunta da quello del David del Buonarroti. Affascinato dal miracolo, il volto intravisto dietro il braccio di Cristo, a ripetere nell’espressione della bocca la traccia di quell’urlo già ricorso con valenze diverse e, per ultimo, nel personaggio barbuto del Seppellimento di santa Lucia dove potrebbe nascondersi un autoritratto. I personaggi come attratti dalla luce: l’altro necroforo che solleva la lastra tombale,o l'astante nel quale si sarebbe autoritratto. "Luce come materia salvificante che squarcia l’oscurità dell’antro e Cristo che, apparendo come tramite, sarebbe rimasto in penombra. Marta, che gli era corsa incontro, aveva esclamato: "Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto, ma anche ora io so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te la concederà." Per tutta l’altezza della pala, sulla sinistra come una torre, Caravaggio ha rappresentato un poderoso pilastro ed anche il gruppo degli uomini con Cristo, undici in tutto numero che per sant’Agostino, autore caro ai Francescani, allude al peccato, alla trasgressione, ma anche all’inizio del ritrovamento. Il corpo di Lazzaro, semicoperto da un lenzuolo, teso in forma di croce, come il segno salvifico di panno ruvido color tané sulla spalla destra e sul petto del Padri Crociferi, in diagonale perché in bilico tra la vita e la morte, tragica metafora del dramma di Caravaggio, condannato che attende la remissione della pena capitale. Nei volti di Lazzaro e Marta, Caravaggio ripropone il bacio della madre al bambino risuscitato di Sessa Aurunca, affrescato da Giotto ad Assisi nella basilica inferiore di san Francesco, con i caratteristici profili aderenti in senso inverso, ma sposta il punto focale nella mano destra dell’uomo. Esatto incontro delle diagonali della tela, estremità del braccio viva, vibrante di luce, sollevata per rispondere al gesto di Cristo dalla mano con l’indice leggermente piegato verso la sinistra di Marta. La quale, colpita dalla medesima luce, è pronta ad articolarsi come quella del fratello, quasi a volersi caricare della stessa energia vitale per costituire il secondo polo di questo circuito rivitalizzante. Marta che aveva avuto fede, vedendo Lazzaro tornare in vita, con questo ingenuo, istintivo gesto di intima partecipazione vuole agevolare, duplicandola, la trasmissione dell’energia necessaria a ricondurlo in vita. Nota vibrante di amore fraterno, chiara allusione al profondo dolore di Giovanni Battista Lazzari, committente della tela, per la perdita del fratello Tommaso al quale, come Marta per il suo, avrebbe fatto dono anche del proprio respiro. Rappresentando così l’attimo centrale, il perfetto bilico tra la morte e la vita del fratello di Marta con la sinistra a giacere ancora presso il teschio e le ossa ai bordi del sepolcro, pronta a seguire istantaneamente la destra viva ed eretta, Caravaggio rievoca l’istante in cui l’Inferno, dopo avere divorato un uomo di nome Lazzaro, si doleva di esserselo sentito lacerare atrocemente dalle viscere con la forza della sola parola, per poi vederlo volar via, come un’aquila, rapidamente riafferrato dalla vita. Il dipinto, insieme all'"Adorazione dei Pastori" sempre di Caravaggio è possibile ammirarlo presso il Museo Regionale Interdisciplinare di Messina. Il Museo, recentemente ampliato espone opere di Antonello da Messina, Gagini, Alibrandi, Rodriguez, Minniti, Montorsoli, ecc. Con circa 750 capolavori distribuiti in 4700 mq di superficie interna su due livelli - percorso medievale, moderno, sezione archeologica e nelle aree e piazzali esterni - il patrimonio del MuMe è arricchito da opere di provenienza "estera". Chi arriva al MuMe percorre la storia e si ferma affascinato, non soltanto dinanzi ai due grandi capolavori di Caravaggio (realizzati da Michelangelo Merisi in fuga in Sicilia: una "Resurrezione di Lazzaro" e l'"Adorazione dei Pastori") e ai due Antonello da Messina ("Polittico di San Gregorio", opera datata e firmata, unica nel suo genere proprio per questa particolarità; e l'attribuita tavoletta bifronte acquistata nel 2006 da Christie's, con un "Ecce Homo" e una "Madonna con Bambino e francescano". Il percorso museale seguito è quello cronologico e nella collezione permanente, insieme ai vari capolavori già esposti stabilmente o a rotazione nelle sale della ex Filanda Mellinghoff, figurano decine di inediti o comunque pezzi poco conosciuti dalla comunità.
Per maggiori informazioni:
Museo regionale interdisciplinare di Messina
Indirizzo : Viale della Libertà 465
Provincia : Messina Comune : Messina
Tel. : 090361292/93
Orari ingresso :
Dal Martedì al Sabato ingresso dalle 9.00 alle 18.30 (chiusura 19.00);
Domenica e festivi 9.00-12.30 (chiusura 13.00).
Lunedì (non festivi) chiuso.
Biglietto singolo intero : 8,00 €
Biglietto singolo ridotto: 4,00 €