Dopo la morte di Filippo IV (1665) si profila lo scontro tra l'impero spagnolo e la Francia del Re Sole per il dominio sul continente, fase finale di una ostilità che durava già dal secolo precedente, da quando i Francesi avevano appoggiato i turchi nella loro avanzata ad Occidente. Nel contempo emergono all'interno delle due grandi potenze spinte centrifughe, determinate da particolari situazioni locali, in cui il potere centrale si trova in conflitto con antiche autonomie. La Sicilia costituiva sempre un punto nevralgico nello scenario politico militare ed il governo spagnolo si preoccupava di munirla adeguatamente: le nuove difese dovevano fronteggiare sia attacchi nemici dall'esterno che rivolte nelle città. Messina, dove si acuiva sempre più il contrasto tra i partiti interni favorevoli o contrari alla monarchia ed alla sua politica di contenimento delle antiche autonomie, occupava un posto di rilievo nella progettazione di nuovi sistemi difensivi. Nel 1671 il fiammingo Vicerè Principe di Ligne inizia a controllare le fortificazioni delle principali città valendosi dell'opera del suo conterraneo Carlo Grunemberg. Nel 1673 Ligne e Grunemberg ispezionano le difese di Messina ormai prossima alla rivolta. La Cittadella di Messina costituisce senza dubbio il maggiore contributo del Grunemberg alle nuove difese dell'isola e, per la mole e le considerevoli difficoltà progettuali, è certo il suo capolavoro.
Tavola di Portolano di fine '700 con una curiosa rappresentazione della Real Cittadella a pianta quadrangolare
L'incarico al Grunemberg risale al 1679, subito dopo il ritorno degli Spagnoli a Messina. I lavori procedettero rapidamente: furono pressochè ultimati nel 1682 e lo stendardo fu issato il 6 novembre 1683. Al 1681 risaliva l'iscrizione sulla porta Grazia in cui Francesco Benavides, conte di S. Stefano, pose orgogliosamente il suo nome accanto a quello di Carlo II. Il particolare momento storico in cui fu edificata la Cittadella (mentre si applicavano le sanzioni alla città ribelle), la necessità tecnica di demolire il quartiere di Terranova a ridosso della fortezza e gli avvenimenti del 1848, hanno fatto si che essa sia stata semplicisticamente interpretata come simbolo di tirannide ovvero del legittimo imperio dello Stato. Fu detta “eterno freno dei malcontenti” dai sostenitori degli Spagnoli e bollata come “infame” dal popolo. Identificata come simbolo della dinastia borbonica, sopravvisse dopo il 1860 tra continue richieste di di-struggerla. Solo dopo il disastro il partito dei demolitori riuscì a realizzare, sia pure in parte, il suo proposito.
M. CELLAI - Piano dell'assedio di Messina del Maggio 1861
Le valutazioni politiche, più o meno contingenti, hanno impedito a lungo di esaminare l'opera sotto il profllo tecnico ed in rapporto alle precedenti fortificazioni. La Cittadella integrava le precedenti difese rinascimentali colmandone una delle lacune più vistose: infatti nel secolo precedente si era dato particolare rilievo al tema della difesa urbana realizzando le imponenti mura. Mancava una autonoma fortezza, indipendente dalla città ed in grado di sostenere l'attacco nemico senza essere ostacolata dalla presenza del centro abitato. Forte Gonzaga era troppo lontano dal mare per fronteggiare sbarchi nemici e comunque non aveva sufficiente consistenza, Matagrifone era addirittura incorporata nelle mura.
I baluardi San Francesco e Norimberga in una foto di fine '800
La nuova fortezza, quindi, costituiva un presidio ormai essenziale e si inseriva in un punto tradizionalmente debole, dove il nemico poteva facilmente attaccare dallo Stretto. Antichi disegni ed incisioni testimoniano un progetto dell'architetto Sesti (completamente diverso da quello realizzato), che prevedeva di utilizzare le mura di Terranova ed il Palazzo Reale per sistemarvi la Cittadella. Il progetto era chiaramente poco felice: la fortezza sarebbe rimasta legata alla città e la sua costruzione avrebbe comportato vaste demolizioni, senza però garantire la necessaria autonomia. Il Grunenberg eseguí il suo progetto in soli quattro anni, stimolato dal Benavides che ne fece anche realizzare un modello in argento per donarlo al sovrano. Tuttavia sappiamo che l'architetto era già stato a Messina nel 1673 mentre i disegni del Sesti testimoniano una fase in cui poterono essere elaborati vari progetti. Sorge il sospetto che l’idea di costruire la Cittadella, maturata in base ad esigenze già avvertite da tempo, sia coincisa occasionalmente con la repressione della rivolta. Grunemberg adottò una pianta pentagonale con baluardi a punta di freccia, già tipici dell'architettura militare del Cinquecento. Inserì la struttura alla radice della zona falcata in modo da poterla isolare dalla terraferma con un complesso di canali che sfruttavano le maree e le correnti dello Stretto. Rivellini, false brache e controguardie esterne completavano la costruzione. Essa rappresentava visibilmente una mastodontica macchina bellica destinata principalmente a prevenire attacchi dal mare: le innumerevoli cannoniere sistemate lungo il suo perimetro erano pronte ad esplodere micidiali scariche in ogni direzione, mentre le possenti mura potevano assorbire bombardamenti continuati e massicci. La fortezza poteva colpire agevolmente anche Messina, in caso di rivolta o di occupazione nemica, ipotesi che si sono entrambe verificate. Prescindendo infatti dalle contingenti turbolenze interne Grunemberg prende atto dell'impossibilità di basare la difesa del territorio sulla città che non poteva sopportare prolungati assedi mentre, lasciata al nemico, sarebbe diventata un pesante fardello agevolando il compito dei difensori.
La porta Grazia, ancora in sito, prima del trasferimento in Piazza Casa Pia (1950)
La demolizione, sia pure parziale, del quartiere di Terranova si rese necessaria per isolare la fortezza e costruire le opere esterne: altri edifici furono demoliti anche nell'area della Cittadella e scomparvero la medievale Torre Mozza ed il baluardo di S. Giorgio. La Cittadella infatti doveva essere collegata alle mura ed integrarle efficacemente. Venendo da Messina si incontrava dapprima, circondato dalle acque dei canali, il rivellino di S. Teresa che difendeva l'ingresso, superato il rivellino a forma di punta di freccia, attraverso ponti, si raggiungeva la cosiddetta “opera a martello”, gigantesco muro parallelo alla Cittadella che ne sbarrava l'ingresso. Ai lati del “martello” erano disposte le controguardie di S. Carlo e S. Stefano, possenti muraglioni esterni paralleli ai bastioni omonimi e destinati a loro difesa. Superato il “martello” si entrava finalmente nella fortezza: una vasta piazza d'armi pentagonale ne occupava il centro, circondata da vari corpi di fabbrica. Erano previsti cinque gruppi di due edifici collegati tra loro in modo da formare un pentagono ma sembra che siano stati realizzati solo tre gruppi che riecheggiavano,con i loro spigoli pronunciati, il profilo esterno. La Cittadella aveva una propria chiesa e numerose altre costruzioni minori segnalate dalle piante. Sui bastioni S. Diego e S. Stefano erano sistemate polveriere, mentre sui bastioni Grunemberg, S. Francesco e S. Diego erano altrettanti «cavalieri» o torri cilindriche. L'ingresso verso S. Raineri, Porta Grazia, era particolarmente scenografico ed era protetto dal fossato e dal rivellino della Grazia. Gallerie sotterranee pare che collegassero la fortezza con le opere difensive esterne e con Don Blasco, la Lanterna e S. Salvatore.
Lavori di demolizione della Cortina San Carlo (1938)
Tristemente note erano le prigioni della Cittadella: vi furono imprigionati il celebre naturalista francese Dolornieu nel 1798, liberali napoletani coinvolti nei fatti del 1799 e 1821 ed anche patrioti messinesi nel 1821 e 1848. Le vicende costruttive della Cittadella, dopo la sua rapida costruzione, sono connesse ai fatti bellici che resero necessari qualche integrazione e restauri: la Cittadella era infatti una perfetta macchina bellica in grado di superare qualsiasi attacco e di prevenire sbarchi ostili, che infatti avvennero a distanza notevole sulle spiagge di Gazzi, Contesse o Pace. La Cittadella si arrese agli Spagnoli nel 1718, agli Austriaci nel 1719 ed a Carlo III nel 1735, dopo aver affrontato prolungati assedi. Come ricorda La Corte Cailler, dopo il 1735 pare sia stata costruita la chiesa di S. Barbara e della Madonna della Lettera, utilizzate come cappelle destinate ai condannati a morte, e dove nei magazzini della polveriera venne ritrovata una tela raffigurante S.Barbara (firmata F. Mazzotta – 1859). Nel 1770 si provvedeva inoltre a rafforzare l'ingresso verso Messina costruendo presso Maregrosso la lunetta Carolina, in un punto ritenuto ancora debole per l'eventualità di attacchi a sorpresa dal mare. Gravi danni furono arrecati alle strutture durante la rivolta del 1848: furono successivamente eseguiti restauri, pare poco utili. Ancora più gravi furono le rovine arrecate durante l'assedio del 1860-61, grazie all'uso di moderni cannoni rigati da parte dell'Esercito Sabaudo: l'esplosione dei depositi delle munizioni provocò immani distruzioni. Ancora durante l'assedio la cittadinanza aveva richiesto ufficialmente la demolizione della Cittadella e delle altre fortezze, legate al ricordo dei Borboni e dei fatti del1848. ll nuovo Governo si dimostrò tutt'altro che propenso ad assecondare gli umori della piazza. Le fortezze furono mantenute in uso dall'Esercito, compresa la Cittadella, forse infame come voleva il popolo ma pur sempre un essenziale presidio militare. Furono eseguiti consistenti lavori di restauro e, in età umbertina, fu sistemato presso la Lanterna il tiro a segno quale conferma della destinazione militare di S. Raineri. Le rivendicazioni del Comune (che assumeva in base a mere considerazioni storiche - di essere proprietario di S. Raineri, e pretendeva lo sgombero delle aree) ebbero come unica conseguenza la realizzazione di una strada intorno al baluardo Norimberga che consentiva l'accesso a S. Raineri (1863). La proposta di demolire la Cittadella continuava tuttavia ad essere portata avanti, sorretta da progetti di utilizzazione commerciale ed industriale dei suoli per potenziare il porto. L'Esercito comunque continuava ad utilizzare la fortezza: dopo il disastro del terremoto del 1908 che l'aveva danneggiata, essa divenne un immenso magazzino di beni recuperati e vettovaglie. Il disastro aveva infatti provocato solo pochi crolli di strutture accessorie e vaste lesioni a causa del cedimento del suolo di riporto e dell'abbassamento della zona falcata.
Uno dei fossati ancora colmo d'acqua agli inizi del 1900
Tuttavia l'enorme spessore delle mura aveva salvato la Cittadella. Durante la ricostruzione ritornano in voga le manie demolitrici, peraltro ormai estese a tutta la città storica, giustificate non più da furori patriottici ma dalla chimerica idea di rilanciare il porto commerciale. Rimane sulla carta il progetto di trasformare la Cittadella in deposito del Porto franco, previa demolizione dei baluardi: era prevista la possibilità di salvare qualcuno dei baluardi e sarebbe stata conservata gran parte della fortezza, costruendo al suo interno i magazzini. Promesse vane: cadono, negli anni venti, i baluardi Norimberga (sostituito dal molo omonimo) S. Carlo e S. Francesco. Si traccia una strada che attraversa la Cittadella e, alla fine degli Anni Trenta, si demoliscono completamente il baluardo S.Carlo e varie opere esterne per far posto alla Stazione Ferroviaria e Marittima. I militari continuano ad occupare le parti rimanenti fino alla seconda guerra mondiale, che arreca nuovi danni alle strutture investite dai bombardamenti destinati agli impianti portuali. Dopo la guerra si registrano ancora demolizioni mentre si moltiplicano le concessioni a carattere “industriale”: alla fine degli anni cinquanta risale la demolizione di porta Grazia e delle strutture vicine per allargare un cantiere navale. Il portale, che rappresenta un pregevole esempio di arte barocca applicata all’edilizia militare dell’epoca, verrà ricollocato in Piazza Casa Pia presso il quartiere S. Vincenzo diventando lo sfondo del degradato mercato rionale. Da quella data non si registrano consistenti demolizioni mentre avanzano nuove precarie costruzioni a destinazione “industriale” e “artigianale” che occupano ogni spazio aggredendo le disarticolate mura superstiti, nascondendole e degradandole.
Alcune immagini che testimoniano il degrado attuale della Fortezza seicentesca
Alla fine degli anni ‘90, a seguito della crisi dei cantieri navali e della situazione economica della città in generale, le piccole aziende e le officine che avevano occupato gli spazi interni delle mura abbandonano gradualmente il sito lasciando “macerie” industriali ovunque che costituiscono a tutt’oggi una vera e propria bomba ecologica. Se vogliamo trovare davvero un monumento, un simbolo all’opera di distruzione, di oltraggio, di vilipendio e di degrado della Fortezza non possiamo non parlare dell’inceneritore comunale, collocato proprio all’interno delle antiche mura fin dagli anni settanta e demolito, dopo tante peripezie solo nel 2017, una struttura che ha contribuito ad aumentare l’ampiezza delle discariche all’interno delle mura e mai rimosse.
Il "Real Inceneritore", come era posizionato all'interno delle mura, oggi fortunatamente demolito
La Real Cittadella, un luogo, uno scrigno di storia, un esempio di pregevole architettura militare, un monumento che in altre parti d’europa e del mondo farebbe la fortuna di intere comunità sotto l’aspetto culturale della fruizione degli spazi, dell’arte, del turismo tra l’altro inserito nel contesto di un affaccio a mare sullo stretto di Messina che è unico al mondo! Dimenticato dagli storici, abbandonato dagli accademici, violentato dai politici, questo monumento merita di rivivere ben altra storia, non di certo questa.
Fonti: F. Riccobono, A. Berdar. C. La Fauci - "La Real Cittadella di Messina" - Edas ed.
F. Chillemi, "Mura Torri e Fortificazioni" - Cap. 4 - Una moderna fortezza: La Cittadella
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