Padre Annibale chiamerà Messina "L'Abbandonata", "La non compassionata",
come già gli antichi profeti chiamarono Gerusalemme,la città di Dio,
Messina, umiliata perché divenuta indegna delle promesse.
Nel 1848, per Annibale M. DI Francia, fu decisivo l’incontro nelle vie della Messina bene qualche mese prima dell’ordinazione sacerdotale, con un accattone della squallida periferia – il quartiere avignone (“mignuni” in dialetto) – che lo fece entrare in quella bolgia, popolata di miserabili alla Victor Hugo, dove realizzerà appieno il circuito rogate-carità apostolica – diaconia sociale. Padre Annibale ha 27 anni quando, neo sacerdote e grazie alla lungimiranza del nuovo Arcivescovo mons. Giuseppe Guarino, inizia l’apostolato nei meandri di quella bolgia e in breve, seppur con mille difficoltà – fra l’altro, due “picciotti” lo minacciarono, perché intralciava gli interessi della mafia, che sfruttava in ogni modo quei bisognosi -, comincia la sua opera di evangelizzazione e promozione umana. Impresa umanamente disperata, ma posta sotto l’egida del rogate ergo, che divenne la preghiera comune tra quei poveri, veramente un gregge senza pastore.
Il quartiere Avignone nei primi anni del 1900
Ecco come descrive quel luogo: “una accozzaglia di infelici che vivono come bruti. Come dice il Vangelo: turbe mal condotte, gregge senza pastore”. E mentre la Messina “bene” dell’epoca cominciava a definirlo “strano” o “esaltato”, quei poveracci – non sapendo niente del “marchesino” in quanto proveniente da famiglia nobile e facoltosa, e ancor meno del “Signor Canonico” – lo riconoscevano semplicemente come “Padre Frangia”. Ormai è diventato completamente “mignunaro”, e nelle catapecchie, dove li accoglie e nutre, risuona la significativa cantilena: “Questa è la casa del Padre Frangia, chiunque arriva qua si siede e mangia”. Inevitabilmente, però, questo zelo (o il successo?) gli procura critiche e opposizioni anche nella comunità ecclesiale, ove molti prelati hanno scelto di vivere tranquilli. Risultato: Il Di Francia viene emarginato sempre più nella Messina bene, ma si consola pensando che il bene è premio a se stesso, e quando incontra difficoltà o persecuzioni si ripete l’adagio: non cominciare a fare il bene se vuoi evitare le ostilità. Più tardi avrà pure il modo di contrattaccare, ma intanto trasforma una catapecchia nella “cappella” del “rogate” e qui, ogni giorno, sono presenti carità-preghiera-catechismo insieme ai rudimenti di formazione professionale.
Scene di vita quotidiana nel quartiere Avignone
Quando il 19 marzo 1881 vi si celebra la prima messa, si fa evidente che ai poveri bisogna dare non soltanto il pane del cielo ma anche quello della terra, così l’evento viene solennizzato con un banchetto per 220 bisognosi, organizzato da “Padre Francia” con altri tre Preti diocesani; e a servire i “Mignunari” ci sono le dame dell’aristocrazia messinese. Il mese dopo pubblica un’appello, che si ripeterà tante volte, per sollecitare la beneficenza dei facoltosi mentre, contemporaneamente incalza le autorità pubbliche. Di fatto, otterrà qualcosa dal Comune, mentre la sua vena giornalistica produrrà interventi sia per difendere i mendicanti braccati dalle autorità, i quali come diceva “vogliono togliere lo scempio dell’accattonaggio invece di rimuovere le cause”. Dopo aver venduto quanto possedeva, nel 1881 realizza, coadiuvato da alcune generose laiche, una serie di laboratori femminili – maglieria, corda per le sedie, confezioni di fiorellini artificiali di carta, berrette da prete - , ai quali si affiancherà poi una tessitura (con 6 telai), e nel 1882, trasformando un’insieme di casupole, realizza il primo orfanotrofio femminile.
Padre "Francia" con i suoi orfanelli
Nel 1883 fonda anche quello maschile e l’anno dopo, coadiuvato da altri volontari laici, si procura una macchina tipografica, che permette di insegnare un mestiere agli orfani e insieme risolve qualche problema economico con la stampa delle etichette per le casse degli agrumi. Pochi anni dopo, questa tipografia giungerà a stampare 700.000 copie del periodico “Dio e il Prossimo”. Nel frattempo viene inaugurato un mulino-panificio e in seguito anche pastificio, che non solo fornisce quotidianamente pane (e pasta) ai vari istituti da lui fondati, ma insieme assicura lavoro per gli orfani e qualche guadagno, visto che la qualità dei prodotti attira l’interesse della gente (medici e dietologi compresi). Il tutto senza mai trascurare i più emarginati tra gli ultimi, vecchi e storpi, che possono soltanto mendicare. Per sfamarli e vestirli il Di Francia non si vergognerà di farsi mendicante a sua volta: in un solo anno raccoglie e distribuisce oltre 130.000 lire. Neppure le cifre inviate alle monache povere sono inferiori. Autentico virtuoso della penna si rivela infine nella famosa lettera inviata nel 1925 alla Messina intellettuale, liberal-massonica o indifferente nel campo religioso, nella quale mostra di amare questi “Amici e Signori” non meno dei suoi poveri, cercando di ottenere a tutti quella felicità che egli desidera come quella propria, vedendo il tutto nell’orizzonte della solidarietà cristiana.
Scene di vita quotidiana nel quartiere Avignone
Dopo aver fondato la Congregazione delle Figlie del divino Zelo, e quella dei Rogazionisti, Messina è colpita dal terremoto del 1908; Padre Annibale è sconvolto, 80.000 morti, città distrutta ma riesce a salvare tutti gli orfani che erano rimasti vivi. La devastazione è immensa e l’opera di soccorso caotica, ma quando il 14 gennaio 1909 sbarca in Città Don Luigi Orione, inviato espressamente dal Papa Pio X, Padre Annibale vi riconosce un altro segno della provvidenza: tra loro fiorirà una intesa spirituale e operativa perfetta, e che fra l’altro aiuterà il Di Francia a prendere la sofferta ma necessaria decisione di “emigrare”. E così, centinaia di orfani e i loro accompagnatori con il commovente aiuto prodigato da ferrovieri, marinai e carabinieri, partono da Messina alla volta di Francavilla Fontana e Oria, in provincia di Brindisi dove ricevono accoglienza, e subito si procede a istituire una colonia agricola e un calzaturificio, proprio a Oria, sulle orme di quello impiantato a Messina, che dava lavoro agli orfani e costituiva una provvidenziale fonte di entrate.
Foto di gruppo dei "mignunari"
Produceva 80 paia di scarpe al giorno, ottenendo dal Governo regolare commessa di produrre scarpe per l’Esercito. Negli anni successivi, padre Annibale deve fronteggiare nuove avversità e persecuzioni contro le sue fondazioni e i suoi orfanotrofi e addirittura tra febbraio e marzo del 1926 giunge a Messina un visitatore apostolico per ispezionare e controllare un po’ di tutto, a seguito delle immancabili critiche di chi lo osteggiava. “L’ispettore” inviato dal Papa, verifica tutte le istituzioni caritative, le congregazioni e le fondazioni e prende visione dello stile peculiare nel gestirle. In questa situazione e nonostante le incognite future, la domenica di Pasqua del 4 aprile 1926 viene benedetto il Tempio del Rogate e Santuario di Sant’Antonio: fu la prima Chiesa costruita dopo il terremoto proprio sul luogo dove insisteva il prefabbricato inviato da Pio X nel 1909 e che si incendiò successivamente nel 1919. Il 1 giugno del 1927, Padre Annibale, già gravemente ammalato, muore nella sua cella presso il Santuario della Madonna della Guardia. Viene dichiarato il lutto cittadino per diversi giorni e il 4 giugno, giorno dei suoi funerali una moltitudine di persone giunte da ogni dove si recarono presso la Chiesa di S.Antonio per rendergli omaggio, in prima fila antichi e nuovi “mignunari”, quelli che egli sapeva essere “non amati, male amati, mai amati” e che, perciò, sapevano di poter contare su di lui.
Piersandro Vanzan S.I. (LA CIVILTA’ CATTOLICA - Sommario del quaderno 3705 del 06 Novembre 2004)
Foto web.